Progetto sulle conseguenze dell'esposizione all'amianto nel polo industriale della piana di Ottana (NU), inserito all'interno della collettiva "Amianto - il male che non scompare"a cura dell'Associazione Imagomentis e voluta dalla Fondazione Bepi Ferro.
Testo di Fabrizio Brotzu:
"Un giorno abbiamo scoperto che respirare poteva ucciderci. E invece noi, stupidi, non avevamo fatto altro tutto il tempo. Provateci voi a lavorare trattenendo il fiato. A me, poi, il respiro, come gesto, mi riusciva benissimo. Ci era sembrata la cosa più normale del mondo, respirare. Pensavamo addirittura che respirare fosse il minimo sindacale, quando si lavora. Ovviamente ci sbagliavamo, l'abbiamo capito solo quando ci è stato detto chiaro e tondo «Con tutto quello che avete respirato morirete sicuramente». Nemmeno un punto esclamativo per sottolineare la gravità della faccenda. Una roba così assurda da sembrare normale. Come se non ci fosse stato neanche il tempo d'indignarsi che, già, arrivavano le constatazioni, rassegnate. Qualcuno cominciava a pensare «dovremmo davvero tapparci il naso davanti a questo schifo e smettere di respirare?» «Ma il respiro è l'anima di ogni cosa! Il respiro è vitale! è la vita stessa! Smettere di respirare è fuori discussione!» Bisogna solo cambiare aria, allora? Facile a dirsi. Ma noi avevamo già respirato, quando respirare faceva ammalare e finiva per uccidere. Quindi, col tempo, ci siamo ammalati, abbiamo visto i nostri colleghi ammalarsi, abbiamo sentito i nostri amici morire, siamo morti. Ma a quelli di noi che vivono ancora, dico «Respirate! Un respiro alla volta. Perché respirare è un diritto, innanzitutto, e per voi un dovere! Perché dal respiro passa tutto ciò che la voce può dire. Tutto ciò che vorremmo sentire."